lunedì 6 febbraio 2012

ISTANTANEE

Ci sono delle volte in cui vorrei essere un po’ più spregiudicata. In effetti, mi dico, se loro fotografano impunemente le mie figlie, perché io non dovrei immortalarli nei loro usi e costumi?
In generale, se non accade perché sono intimidita, succede perché sono fuori al freddo e ora che sfilo la mano dal guanto, impugno l’IPad che non è mio e che maneggio con scarsa dimestichezza, e cerco come i vecchietti la funzione fotografia, è passato talmente tanto tempo che non mi ricordo nemmeno più cosa volevo fotografare. Oltretutto si tratta quasi sempre di scene in movimento, quindi dovrei aggiungere all’elenco delle operazioni anche il passaggio dalla funzione foto a quella video.
Però mi mangio le mani, perché ci sono delle scene davvero spassose, che riportate a parole non rendono molto. Però cerchiamo di fare tutti uno sforzo…chiudiamo gli occhi… e immaginiamo…un prato fiorito in un giorno di sole e cielo terso. Poi cambiamo scena perché non è la nostra, dato che purtroppo ci siamo trasferiti a Shanghai e non a Cogne.
Ma non importa, pensiamo fortemente che preferiamo i noodles alla fonduta e andiamo avanti.
Restiamo ad occhi chiusi ed immaginiamo di camminare lungo una strada male asfaltata, rumorosa e discretamente sporca. Il traffico è intenso, ma non impossibile, in fondo è una strada minore, non siamo in pieno caos da centro città.
Ed ecco che tra negozietti sgarrupati* e folla brulicante, appare una griglia per parcheggiare bici, motorini elettrici, passeggini del secolo scorso impiegati come carrelli porta spesa e, perché no, una gallina.
D’altronde, perché rinunciare all’ovetto fresco di giornata, specie se devi solo scendere in strada e già che sei lì pronto per andare al lavoro, ti spari un bell’albume nel gargarozzo?
Ma non distraiamoci. Continuiamo ad immaginarci questa strada, fatta di negozi ma anche di edifici con dei cancelli che immettono all’interno di complessi residenziali (ce n’è uno vicino a casa che è alquanto cadente e viene introdotto da un cartello che recita: “Model Quarter”. AH AH AH! Quartiere modello? Ma modello per chi? E soprattutto di cosa?).
Cosa può accadere se non vedere una famiglia composta da papà, mamma e bimba-spettatrice che giocano a badminton da una parte all’altra del cancello?
E’ un po’ come se i miei genitori decidessero di farsi una partita a racchettoni davanti al portone di casa. Un po’ strano, ecco. Però magari è una mia ristrettezza mentale. Magari quando torniamo in visita a Milano trovo i miei suoceri che si fanno una bella staffetta intorno all’isolato.
“Pronti? Ai blocchi? Viaaaa!”.
Ma attenzione, la perla deve ancora arrivare. Il nostro viaggio immaginario prosegue e la strada ci porta davanti ad uno di quei pregevoli ristoranti di cui parlavo qualche giorno fa. Quello che ha tutto il pesce esposto all’esterno e in cui malauguratamente si vede dove e COME il pesce viene pulito (che lapsus! volevo dire sciacquato) e le cucine in cui viene cotto.
Immaginiamoci di passare di lì per caso in un orario compatibile con quello (cinese) dell’apertura del servizio serale, ovvero intorno alle cinque del pomeriggio, e trovare tutto il personale schierato all’esterno. Qualcosa come otto cuochi con cappello e altrettanti membri del personale di sala. Tutti ordinatamente disposti su due file, precisi con le loro belle divise. Di fronte, sempre in divisa, una donna che a più riprese grida loro frasi imperative. Qualcosa di molto motivazionale, suppongo.
E poi, via: scatta una musica a palla, cinese moderna e molto unz-unz, che invade la strada e questi scattano in danze di gruppo, tutti come un sol uomo, le braccia su e giù, sinis-dest, una specie di macarena asiatica, un ballo di San Vito collettivo, una presciistica, sicuramente un momento aggregativo fatto per caricarsi e prepararsi al servizio. Non ce l’ho fatta ad immortalarli, ma giuro che li ho visti. Peggio, sono passata proprio tra le due file schierate, con l’espressione sulla bocca “risate a denti stretti” da settimana enigmistica, perché ho cercato di trattenermi. Non era bello sganasciarmi davanti a loro.
Questo però valeva un filmino, mannaggia.
Il resto sono istantanee mancate…
Il ragazzo sulla bici con carretto incorporato che trasporta una bici con carretto incorporato, moderna versione del carro attrezzi.
La moto accesa lasciata a riscaldarsi, però un po' troppo, perchè quando ripassi tre ore dopo, la moto è ancora lì a riscaldarsi, nell'identica posizione....
E, all’interno del compound, i primi alberi fioriti (e sono tanti, e bellissimi), le gemme sui cespugli, gli scoiattoli che si buttano come pazzi da un ramo all’altro a distanze siderali, gli uccellini che cinguettano al mattino che sono una delle vere soddisfazioni di questo aggiornato Big Brother, questa sorta di Truman Show in cui viviamo e che rende ancora più paradossale l’esterno.
Fuori il caos, il traffico, il surreale, dentro l’ordine, la bellezza, la quiete.
Meglio così. Una dimensione compensa l’altra e riposiziona ogni volta l’ago della bilancia al centro.

*Il correttore di bozze vuole a tutti i costi suggerirmi che il termine sgarrupato non è a beneficio di tutti. Chiarisco il concetto con i dovuti sinonimi: sfigato, trascurato, misero. Meglio???

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