mercoledì 8 febbraio 2012

AY AY AY

Chiedo venia per il titolo di questo post, ma mi è venuto spontaneo: quell’ironia un po’ prevedibile da bar.
Per chi non lo sapesse, la Ay è la figura professionale più temuta, cercata, criticata, sottopagata e desiderata dalle famiglie di espatriati. Trattasi di donna - dall’età variabile - che funge da tata per bambini, donna delle pulizie, baby-sitter serale; se serve è anche cuoca e stiratrice; se è molto brava anche traduttrice e donna della spesa; e se è pure gnocca, amante del capofamiglia. A noi espatriate quindi ci va di lusso che la maggior parte delle Ay disponibili sul mercato siano alte un metro e un wok ed abbiano i baffi.
La mia esperienza è fresca di una manciata di giorni, quindi le mie riflessioni sono passibili di vari ritocchi, ciò non toglie che un primo bilancio sia già possibile. La Ay, in genere, è assunta per un numero di ore spaventosamente alto in rapporto al lavoro che fa: in Italia, una filippina è 10 volte più efficiente e veloce. Qui invece la tirano per le lunghe, perché devono quasi sempre coprire una quarantina di ore settimanali, a fronte di una madre di famiglia che non lavora e che si gira i pollici. Il concetto che mi hanno spiegato è che se la prendi per almeno 7 ore sei sicura che non ti tradirà; viceversa se le offri un misero part-time di 4 ore al giorno, arriverà il momento in cui ridendo ed inchinandosi ti darà il benservito. Inoltre, più ore le offri, meno la devi pagare.  “Guarda, preferisco pagarla 8 ore a 17 renminbi (*) all’ora che 4 ore al doppio della paga”. “Si, ma cosa le fai fare tutto il giorno?”. “Beh, lava, stira, sistema, poi magari prendiamo il the e facciamo due chiacchiere…”.
???
Appunto.
Io l’ho presa per quattro ore al giorno.
E’ venuto l’interprete per il colloquio preliminare. Io con il mio sorrisone stampato, pensavo che la prima impressione fosse reciprocamente importante e che dovessi essere da subito cordiale e disponibile, ma subito mi sono beccata la prima mazzata quando ha cercato di spuntare un prezzo orario improponibile, che io ovviamente ho accettato e che Andrea un’ora dopo ha ovviamente rifiutato (fatto salvo che poi ha accettato anche la nostra offerta finale). E’ che proprio non ce la faccio: se mi dici un prezzo, per me è naturale che sia il tuo ultimo prezzo. Eppoi mi intenerisco: penso che stiamo parlando comunque di cifre tre volte più basse che in Italia, che lei avrà quindici figli con le pezze al sedere, che sono una privilegiata e non ci costa nulla….
“E’ fuori mercato” è stato il secco ritorno alla realtà del capo. E sia, mi arrendo.
Cercare di socializzare è molto difficile. Per esempio, le ho chiesto come si chiama almeno 10 volte, senza capire. Poi me lo ha scritto. Si chiama Fang Jun Liang. “Qual è il nome?” Fang Jun Liang. “E il cognome?” Fang Jun Liang.
Mmmmmm………..Andiamo bene.
 “My name is Giovanna”
“……..”
“My name is Gio”               
“……..”
“Jio”                                     
“………”
“Yyo”                                   
“……..”
“Jho”                                    
“……..”
Ci ho rinunciato.
Farsi tradurre da qualcuno è surreale: tu chiedi di spiegarle che vuoi che lavi il pavimento con lo scopettone tutte le mattine. Il tuo uomo comincia a tradurre e parla per cinque minuti. Poi lei risponde qualcosa per dieci minuti.
Traduzione: “Yes”.
Ma che me stai a pijà per…..
Comunque sia, abbiamo più o meno iniziato a rodare.
Maia secondo me la odia. In genere, quando viene a trovarci qualcuno, nel momento in cui l'ospite se ne va lei piange. Con FJL (fa molto JLO, vero?) non succede: quando questa se ne va Maia afferra la porta e gliela chiude contro. Ma mi sembra che lei non se ne curi affatto.
Non c’è niente da fare: i cinesi sono pragmatici. Noi italiani tentiamo la carta dell’empatia, ma qui non funziona. Ieri mattina è arrivata. Io avevo il computer aperto. Vedo che prima di iniziare a lavorare smanetta con il cellulare, allora sorrido e le mostro il mio desktop, con la foto delle mie figlie e le loro cuginette. Lei smanetta ancora sul cellulare. Faccio il gesto e le indico l'altra mia figlia con calore. Mi convinco che ora mi farà vedere la foto dei suoi quindici figli con le pezze. Lei mi passa il telefono aperto su un messaggio scritto in inglese che recita “IERI HO FATTO TROPPA FATICA A STIRARE IL BUCATO PERCHE’ ERA TROPPO ASCIUTTO.”
Bum. Bum. Ops, le mie palle immaginarie.

(*) Renmimbi è la moneta locale, ribattezzata anche ren-rimba, renbimbi – da Alice – ren-simba o rinbambi.

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