venerdì 29 novembre 2013

WO GONGZUO

Con le cosce di pollo e i muffin nel forno, la casa riordinata dopo il gioco pomeridiano e le belve sedate a patatine davanti a un cartone con amici, mi sento sufficientemente multitasking da poter affrontare anche una mezz’oretta di computer per aggiornarvi, dopo una latitanza a dir poco vergognosa.
Però, almeno una ragione ce l’ho.
Ebbene, non malignate. Non ho avuto troppo da fare giocando a tennis con le amiche o pranzando fuori per ammazzare la noia delle prime giornate invernali.
Succede che, per motivi del tutto fortuiti, ho cominciato a lavorare. E per giunta a fare proprio il mio lavoro. Quello che facevo prima, in Italia.
La scineiscegiscì.
Vabbè, l’architetto insomma.
Non mi soffermerei troppo sulla descrizione del mio colloquio, discretamente penoso, in cui sono riuscita a vendermi male, parlare poco e sembrare un tantino decerebrata. Beh, magari decerebrata no, però tutto fuorché brillante. D’altra parte: ho fatto i conti. Non facevo un colloquio da quasi 12 anni. Ma ci pensate? Dodici anni. E poi, tocca ricominciare da capo. E non si è mai abbastanza pronti.
Non starei nemmeno a tediarvi troppo con i dettagli. Diciamo solo che mi è stato proposto di lavorare a part-time (bene), in uno studio piccolo (bene, per mia esperienza), con una capa praticamente italiana (bene) e gestire un gruppo di stagisti (male) giovani (male) cinesi (malissimo) e moooolto inesperti (ahgr!!!).
Diciamo che in questo caso, la loro “cinesità” costituisce un male, non per un qualche razzistico motivo, quanto piuttosto perché: 1) la loro comprensione dell’inglese è minima, probabilmente solo leggermente superiore alla mia comprensione del cinese 2) si nota un certo lassismo nell’atteggiamento generale. Prova ne è, tanto per dirne una, che il mio primo giorno di lavoro, mentre venivo scortata alla mia scrivania per visionare del materiale, ho salutato i due giovani accanto a me, intenti uno a tagliare le unghie all’altro 3) non sembrano minimamente interessati, eccetto forse una, a IMPARARE da qualcuno che ne sa più di loro, ma esclusivamente a terminare il loro stage e ottenere il diploma che gli serve ed ottenere il “pezzo di carta”.
Molte persone, ma davvero tante, in questi due anni, mi hanno parlato dell’atteggiamento dei cinesi sul luogo di lavoro, dove, nella maggior parte dei casi, gli interessi primari sono: la qualifica (essere chiamati dottore, grossomodo), il denaro e l’aumento di stipendio. Mi hanno parlato di gente che dorme alla scrivania, di lavoratori che passano il tempo su Taobao a vendere e comprare roba, a oziosi che si risvegliano solo all’ora del pasto, a gente che fa gli straordinari cazzeggiando nell’orario canonico, solo per guadagnare di più.
Mi chiedo però se, in fondo in fondo, cinesi e italiani siano poi così diversi.
Vedremo.
Per ora, mi accontento di vedere com’è lavorare dall’altra parte del mondo.

E chissà che non impari qualche cosa anche io.

16 commenti:

  1. D nuovo in Corsa! Complimenti! Ci vuole coraggio dopo tanti anni a rimettersi a lavorare. Effettivamente da quanto scrivi no sembrano molto diversi Cinesi ed Italiani!

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  2. Ero convinta che i cinesi fossero degli sgobboni, che lavorassero tanto, ad oltranza...non pensavo proprio fossero così...

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    1. In effetti è una credenza diffusa in Italia, ma non veritiera: stanno tanto tempo al lavoro, qualunque esso sia, ma nella maggior parte dei casi, e di questo sono certa anche io, per quel che vedo nella vita di tutti i giorni, sono estremamente pigri.

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    2. Per la mia esperienza anche in Giappone le cose sono simili. Non così plateali, ma i giapponesi passano molte ore al lavoro solo per fare bella figura, ma la produttività che raggiungono potrebbe essere più che ampiamente svolta nell'orario standard. Il sistema dà una buona immagine di sè solo perchè il tutto viene organizzato minuziosamente, ma il singolo lavoratore è tutt'altro che uno sgobbone.
      Alberto

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    3. Credo che sia spesso esattamente come dici tu anche qui.

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  3. Un amico italiano che ha lavorato in Cina ci diceva che generalmente gli uomini cinesi hanno poca voglia di lavorare e sono piuttosto chiusi di mentalità mentre le donne sono molto più determinate ed in gamba.
    Vedremo se tu confermerai questa opinione.
    Mila

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  4. Evvai!!!! In bocca al lupo!Cora

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  5. Grande!! buona fortuna con questa nuova sfida.
    Dan

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  6. ma che strafigata!!!! si lo so che avere a che fare con i giovini lazzaroni cinesi non e' strafigo ma io trovo comunque un messaggio di speranza mondiale il fatto che una donna che ha passato svariati anni della sua vita a farsi un mazzo enorme quotidiano come fa una mamma e moglie che otlre tutto e' pure expat, sia pure riuscita a rientrare nelmercato del lavoro. applausi!

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    1. Mi unisco alle lodi della Vale... E attendo trepidante il diario da lavoratrice in Cina: come ti dicevo l'altro giorno, curiosissima sono!

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