martedì 31 gennaio 2012

GASTRONOMIA parte prima

A Shanghai a farla da padrone è il cibo: ovunque ci si muova ci sono negozi, chioschi, ambulanti, ristoranti, snack bar, mini market, tutti votati alla vendita o alla somministrazione di cibo. Che in molti casi è appunto “street food”, cibo cioè da passeggio, che loro mangiano un po’ dappertutto ed a tutte le ore. Gli orari canonici del pranzo e della cena sono in genere anticipati di circa un’ora e mezza rispetto alle abitudini italiane, con il pranzo intorno alle 11-11.30 e la cena mediamente verso le 18. In realtà, muovendosi per la città ho avuto la sensazione di vedere cinesi mangiare a tutte le ore, quindi non è detto che la regola valga per tutti.
Io adoro il cibo cinese dunque sono tendenzialmente molto attratta da tutto quello che vedo in giro. Diciamo che, dopo un mese di Cina, ho provveduto già a catalogare nella colonna del SI o del NO quello che ho visto, nel senso che ci sono delle cose che non mangerei nemmeno sotto tortura ed altre che divorerei a tonnellate.
In cima alla lista dei SI figurano certamente i dumplings (ravioli) che nei ristoranti carini della città vedi preparare al momento da orde di lavoranti con mascherina, ciascuno con il suo piccolo ruolo: quello che impasta, quello che stende, quello che fa il ripieno, quello che lo aggiunge, quello che cuoce, quello che scola, e via così….
Il ripieno è a scelta tra una vastissima gamma di alimenti, tra cui vari tipi di carne, di pesce (crostacei, soprattutto), di verdure, di funghi e addirittura tartufi neri. Molto buone sono anche le zuppe, con o senza noodles (spaghetti di riso), con o senza ravioli, aromatizzati o piccanti, delicati o forti. E, inaspettatamente, abbiamo scoperto una grande varietà di verdure che si cucinano saltate, alla piastra o nel wok, con poco condimento ed appena scottate in modo che restino croccanti, davvero strepitose. Hanno la forma di cima di rapa oppure assomigliano a degli enormi asparagi, ma solo nell'aspetto.
Questi cibi effettivamente hanno un sapore diverso rispetto a quello cui siamo abituati in Italia dove, come il glutammato insegna, il gusto è sempre lo stesso; qui invece, è possibile cogliere i vari sapori, quindi non è una cucina che viene a noia. Può anche essere che sia io drogata di dumplings e che quindi la mia “testimonianza” non faccia testo, ma ho la sensazione che anche da parte degli altri awai (non-cinesi) ci sia lo stesso apprezzamento.
Naturalmente stiamo parlando di ristoranti di una certa categoria (che definirei semplicemente civile), in cui cioè le più elementari norme igieniche vengono rispettate: cuochi con le mani pulite, cucine linde, pavimenti possibilmente senza moquette, tovaglie e tovaglioli non macchiati e locali in cui, se possibile, è vietato fumare (ormai non siamo più abituati a mangiare avendo vicino uno con la sigaretta accesa!!). Nelle strade di tutta la città ci sono infatti anche un sacco di ristorantini medio piccoli, in cui il livello vistosamente scende e comincia ad essere un po’ meno attraente frequentarli. Specie poi se ad accogliere la clientela trovi questo davanti alla porta del locale.
Magari l’appetito un po’ ti passa. Certo, potrebbe essere una antica tecnica culinaria di frollatura della carne, ma nel dubbio penso che mi asterrò.
In realtà la maggior parte dei cinesi “che lavora e che fatica per la casa e per l’affitto” sono usi mangiare in ben altri locali, che sono disseminati in tutta la città. Solo nella strada in cui viviamo noi ce ne saranno cinque o sei. Si tratti di bugigattoli ad una sola luce, con una porticina laterale per entrare ed al centro della vetrina una grande vasca di cottura nella quale cuociono delle COSE. All’interno, nella penombra, delle panche e dei tavolacci su cui la gente mangia piuttosto rapidamente e spende (spero per loro) pochissimo.
Questi luoghi sorgono in stecche di edifici dove affiancati gli uni con gli altri si susseguono esercizi commerciali che danno sempre la sensazione di essere dismessi: le prime volte buttavo l’occhio distrattamente pensando che con quelle vetrine opache, quel livello di sporcizia e di degrado i negozi non potessero essere aperti. Invece…..

Segnatevelo: Ha mi Lu 2010, Shanghai, China. Magari è quel shabby-chic che non ti aspetti.

Nota a margine: malauguratamente queste foto sono molto brutte e me ne scuso. D'altronde, nel timore che mi guardino male e mi inseguano con il mestolo in mano se li fotografo, applico sempre la tecnica della foto di famiglia: faccio mettere in posa Alice ed Andrea e fingo di fotografarli, ma intanto faccio uno zoom sul mio vero obiettivo che, specialmente impiegando il cellulare, risulta parecchio sgranato. Quel pezzo di giacca viola è appunto Alice, che cercava di mettersi in posa e si chiedeva come mai continuassi a dirle bruscamente di togliersi dalla mia visuale. "Mamma, ma non volevi farmi una foto?".

3 commenti:

  1. Non ci crederai, ma anche mia suocera è rimasta contagiata dai tuoi racconti... Un successone! Se mai un giorno dovrò recarmi in Cina, so già cosa aspettarmi.

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  2. Nei giorni scorsi non ho fatto i compiti, e ammetto anche di sentirmi un po’ estranea: nei toni e nelle allusioni, o nei rimandi a cose che furono che ti lasciano i tuoi ‘membri fissi’, leggo tanta intimità, che mi sento un po’ una intrusa ficcanaso … lo so che mi hai autorizzata, e infatti alla fine ho messo alle spalle i miei timori e ieri sera ho fatto un bel ripasso!
    Quindi:
    1) ‘Wan Shi Ru Yi’ a Maia! (se è una parolaccia è colpa di Google traduttore!)
    Cavolo, pensa che potrà dire di aver compiuto il suo primo anno in un compoud di Shanghai, fa tanto, tantissimo cittadina del mondo, e vuoi mettere quanto sarà 'chiccoso' detto alle medie!? Insomma per lei ci saranno un sacco di prime volte cinesi, prime volte nel senso di pietre miliari del suo sviluppo psico-fisico!
    Occhio che qui parte l’elenco di secondo livello:
    - la prima camminata
    - la prima volta che dormirà senza pannolino
    - …
    Ammesso che anche tu sia come me, una archivista catalogatrice di date ed eventi, le famose pietre miliari della crescita. Io ho fatto un bellissimo Excel, pazzia? No, mi è venuta questa ossessione perché non voglio che mia figlia possa dirmi un giorno (cosa che ho fatto io!) “mamma, ma io ce l’ho un passato?”. Infatti per me contare sui ricordi di mia mamma (per non parlare di quelli di mio papà), che li confonde con quelli di mio fratello, che li confonde con i suoi di quando era bambina, mi fa diventare una persona che ha avuto del prodigioso: non ho mai perso un dente (in effetti un dente da latte me l'anno estratto a 18/19 anni...), ho tolto il pannolino a meno di un anno, scrivevo e leggevo a due anni e mezzo… e tante altre bizzarrie come queste.
    Mia figlia no, avrà la memoria in un preciso documento consultabile, editabile, esportabile, stampabile!

    2) Er miao è stupefacente, chissà se in qualche altro zoo del paese, magari su a nord, non si trovi anche un er piotta o un er monnezza.

    3) Mi sa che anche oggi, a sentir parlare di dumplings vari, dovrò fare l’ennesimo take-away al Mandarin2!
    Comunque food anywhere/any time, è un po’ una prerogativa dell’Asia in toto: in Nepal sul ciglio delle strade che sono battute dai turisti per raggiungere i vari trekking himalaiani, trovi, tra i vari servizi, anche quello di 'sugar-cane juice express', ti lascio immaginare lo stato igienico dell’attrezzo che usano per spremere le canne nel mezzo del nulla, senza acqua corrente (anche potabile e chieder troppo!), ma ci sono anche delle fantastiche pannocchie abbrustolite raccattando ogni genere di comburente dal ciglio della strada (ma il fuoco sterilizza tutto, no?!).
    A Bangkok e ovunque in Thailandia, c’è il servizio 24/24 di spiedini di calamari, gamberoni, e chi più ne ha più ne metta, che trovi in ogni angolo di strada, cotti su una graticola fatta dai bidoni (sembravano quelli usati per stoccare la benzina, insomma i loghi sopra comunque lasciavano poco spazio ai bubbi: Shell) di latta arrugginita.
    Sulla tratta delle ferrovie indiane, che porta da New Delhi a Mumbai, vieni quasi aggredito dai venditori ambulanti che stazionano lungo quasi tutta la tratta (dove hanno anche eretto piccole baraccopoli a 2,23 metri dalle rotaie, senza acqua, fognature… e tu ti chiedi… ma come cucinano?), e appena il treno rallenta infilano le loro mani ossute tre le sbarre dei finestrini per venderti papad, chapati, samosa e altri appetitosi e stuzzicanti manicaretti locali.
    A Lombok, ma l'ho trovato anche in altre isole indonesiane, c’è il servizio di 'running food': si attraversa il paese con lo scooter a noleggio ad una velocità ridotta, e una moltitudine di venditori ti rincorrono con ogni sorta di cibo, il mio preferito erano le fave tostate, che acquistavo mercanteggiando in sella e senza fermarmi!

    Chissà, forse quello che adesso ti fa specie, tra qualche tempo lo addenterai con piacere! Ma vini locali, ce ne sono?

    I tuoi racconti Giovanna sono S T R E P I T O S I !
    Alle prossime avventure!

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    Risposte
    1. voglio rispondermi da sola... che nella furia compulsiva di scriverti e postare (senza aihmè rileggermi prima!) ho fatto un sacco di errori, lettere che mi sono rimaste appiccicate alle dita... mi scuserai, spero lo facciano anche i tuoi affezionati lettori!

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