Questa mattina ho
deciso di usufruire del servizio navetta che il compound mette a disposizione
di chi vuole andare in due o tre punti strategici del circondario
(supermercato, zona commerciale e via dicendo).
In genere non ci sale
quasi mai nessuno, ma questa mattina oltre a me c’erano altre due donne: una di
mezz’età, capello corto, brizzolato, occhialino, aria decisa e pratica,
verosimilmente americana e - scopro poco dopo - giornalista. L’altra, una bella
giapponese un po’ stralunata che manda i tre figli alla stessa scuola delle
mie, che quindi conosco di vista e saluto quotidianamente.
Una volta sul bus –
durata del viaggio circa dieci minuti – l’americana comincia a chiedere alla
giapponese dove sia diretta e si raccomanda che non se ne vada troppo in giro
per la città. L’altra la rassicura e specifica che la sua sarà una breve
trasferta, solo per andare a trovare qualcuno in un compound vicino.
Incuriosita aguzzo l’orecchio e in dieci minuti mi faccio una cultura su
quello che sta succedendo in questi giorni a Shanghai, ma anche più diffusamente in
Cina. L’americana infatti sta andando in People Square (per chi non lo sapesse è il centro della città)
per assistere alla nuova manifestazione anti-Giappone di quest’oggi.
Dopo aver abbozzato e maledetto la mia ignoranza, sono tornata a casa, mi
sono attaccata ad internet e ho messo insieme i pezzi, che in questi giorni sono stati
parecchi.
Il fatto, in breve, è
questo: ci sono queste isole Diaoyu-Senkaku, sostanzialmente disabitate, che il
Giappone ha deciso di nazionalizzare, ma che sono rivendicate anche dalla Cina
e, come se non bastasse, pure da Taiwan. Tutto questo interesse, da quello che
ho capito, deriva dall’aver scoperto, in realtà quarant’anni fa, che nei
fondali intorno alle isole ci sono risorse energetiche che, si sa, di questi tempi fanno comodo.
La questione apparentemente leggera è in realtà più spinosa di quanto sembri: i cinesi cominciano ad incazzarsi parecchio coi giapponesi, i quali a loro volta stanno premendo sugli americani, che “devono” eventuale protezione a questi ultimi dalla Cina (per antichi rapporti scritti). I cinesi di contro approfittano della situazione per mostrare il pugno di ferro sulle questioni di possedimenti territoriali a Filippine e Vietnam, e – dulcis in fundo - sia Cina che Giappone sono prossimi a cambi politici al vertice. Quindi, come spesso accade con tutte le questioni politiche, il fatto in se’ e per se’ è di poco conto. Ciò che importa è mostrare i muscoli.
La questione apparentemente leggera è in realtà più spinosa di quanto sembri: i cinesi cominciano ad incazzarsi parecchio coi giapponesi, i quali a loro volta stanno premendo sugli americani, che “devono” eventuale protezione a questi ultimi dalla Cina (per antichi rapporti scritti). I cinesi di contro approfittano della situazione per mostrare il pugno di ferro sulle questioni di possedimenti territoriali a Filippine e Vietnam, e – dulcis in fundo - sia Cina che Giappone sono prossimi a cambi politici al vertice. Quindi, come spesso accade con tutte le questioni politiche, il fatto in se’ e per se’ è di poco conto. Ciò che importa è mostrare i muscoli.
Dal punto di vista di
un’italiana espatriata in Cina che se ne sta alla finestra a guardare, tutto questo è un po’
inquietante, soprattutto quando scopro che la giapponese oggi, giorno di
proteste cinesi in città, ma - già che c'è anche domani - non manda i figli a
scuola per precauzione, che è contenta perché spesso la scambiano per coreana,
che non ha l’ayi, probabilmente perché non vuole che una cinese, magari un po’
incacchiata, le tenga i figli in sua assenza.
Tra l’altro questa
sorta di attrito con le ayi l’avevo già notata qualche giorno fa perché di
recente avevo proposto alla mia di andare a sentire per un lavoro al mattino da
una mia conoscente giapponese. Quando ha saputo la nazionalità di questa mia
“supposta” amica ha decisamente storto il naso ed ho colto che sarebbe andata a
parlarle solo perché, come dire, PECUNIA NON OLET.
Che tra cinesi e
giapponesi non ci fosse un gran feeling non è certo una novità, ma apprendere
che il motivo non è legato alla storia (almeno non solo) bensì alla cronaca non
è piacevole, almeno visto da chi ci vive in mezzo.
Tanto più che sabato
scorso in tutta Shanghai c’è stata una esercitazione che simulava un allarme
aereo e diverse volte abbiamo sentita risuonare una sirena antiaerea che,
onestamente, non suggeriva niente di buono.
Come dire: mi sono sentita un po’ meno nel Truman Show e un po’ più in Pearl Harbour.
Vedremo se finirà tutto tipo Operazione sottoveste….
Come dire: mi sono sentita un po’ meno nel Truman Show e un po’ più in Pearl Harbour.
Vedremo se finirà tutto tipo Operazione sottoveste….
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