domenica 9 settembre 2012

CHI DI BARBIE FERISCE...

Ieri c’è stato il consueto picnic al parco dello zoo, organizzato dalla scuola delle bambine, che di consueto ha essenzialmente  la sfiga, perché – almeno fino ad ora – tutte le volte che abbiamo preso parte ad eventi organizzati all’aperto, il tempo ha fatto abbastanza schifo. 
Ieri almeno non pioveva. Però c’era il cielo di Londra con l’umidità di Jiakarta. Una figata, insomma. 
Questi “eventi”, happenings o come li si voglia chiamare, hanno lo scopo di far socializzare bambini e famiglie al di fuori dell’orario scolastico e sono una peculiarità di gran parte delle scuole internazionali. Come ho già avuto modo di raccontare è molto diffuso che queste scuole a modello inglese/americano organizzino eventi nel corso dell’anno. Sicuramente la “nostra” scuola si distingue rispetto alle altre per il suo carattere ruspante e decisamente meno formale. 
Il ché, se da una parte può sembrare un difetto (appare tutto un po’ troppo andante e familiare, talvolta poco organizzato e sconnesso), dall’altra si trasforma in un pregio, perché la Rainbow Bridge è la sola scuola di cui abbia notizia, che nel corso di questi incontri non propina spettacolini, animazioni esagitate, imbonitori, pubblicità e questuanti di varia natura. Il programma era semplice: piccole attività per i bambini nel parco dello zoo adiacente alla scuola e poi pranzo all’aperto nel cortile della stessa, con cibo portato da tutte le famiglie. Quest’ultimo aspetto è carino, perché significa riempirsi il piatto (sempre che si riesca ad arrivare in tempo per trovare sui tavoli ancora qualcosa) di cibi provenienti da tutto il mondo, con un’ovvia predominanza di Asia, naturalmente, ma con ampie variazioni sul tema: dall’Italia all’India, dal Giappone alla Francia, dalla Germania alla Corea, dagli Stati Uniti all’Irlanda. Un bel meltin’pot non c’è che dire. 
Le attività pre-prandiali invece non sono nulla di ché, a dirla tutta. Hanno di carino il fatto che vengano gestite ed organizzate dagli insegnanti, che con molta buona volontà si danno da fare un po’ in tutti i campi e sono molto versatili. Tra queste, la preferita da Alice era il face painting, la pittura del viso, che aspettava di poter fare dalla prima mattina. Una volta arrivati si è messa diligentemente in coda aspettando il suo turno. 
Si dà il caso però che io non abbia una bambina normale che, come tutte le altre, chiede di avere il viso dipinto con una farfalla, un cuore, una fatina o, alla brutta, una strega o una piratessa, che chiede un finto tatuaggio sul braccio o un bracciale o tutt'al più un orologio al polso. 
No. Mia figlia, alla richiesta di cosa volesse dipinto sul viso, ha risposto testualmente: “ I want Barbie face”. 
La maestra che faceva il trucco è sbiancata. 
E considerando che era una stazzatissima giovane afroamericana non è cosa da poco: si è fermata di botto, ha guardato fisso Alice, ci ha pensato un attimo e poi ha detto: “Facciamolo”. 
“Ma facciamo che?” mi sono chiesta io. Se avessero domandato a me di dipingere sulla faccia di una cinquenne quella di una ventenne truccata e ammiccante io avrei avuto quantomeno un problema di coscienza. Evidentemente non la stazzata maestra, che ha impiegato una decina di minuti per fare di mia figlia un mostro. Una cosa talmente inguardabile che non ce l’ho fatta a lasciarla il quello stato. Mi sono munita di una salviettina umidificata e, millantando un inesistente sbavatura nel trucco, ho cercato di ridurre l’effetto Moira Degli Elefanti, alleggerendo il cerone rosa dell’incarnato, le sopracciglia fucsia, le labbra marcate da donna di malaffare e la finta frangetta di capelli che le incorniciava il viso.
Ecco, onestamente, io la foto gliel'ho fatta, ma proprio non ho cuore di proporvela. 
E' stato già abbastanza vederla noi.


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