Ieri c’è stato il consueto picnic al parco dello zoo,
organizzato dalla scuola delle bambine, che di consueto ha essenzialmente la sfiga, perché – almeno fino ad ora – tutte le
volte che abbiamo preso parte ad eventi organizzati all’aperto, il tempo ha
fatto abbastanza schifo.
Ieri almeno non pioveva. Però c’era il cielo di Londra con
l’umidità di Jiakarta. Una figata, insomma.
Il ché, se da una parte può sembrare un difetto (appare tutto un po’
troppo andante e familiare, talvolta poco organizzato e sconnesso), dall’altra
si trasforma in un pregio, perché la Rainbow Bridge è la sola scuola di cui
abbia notizia, che nel corso di questi incontri non propina spettacolini,
animazioni esagitate, imbonitori, pubblicità e questuanti di varia natura. Il
programma era semplice: piccole attività per i bambini nel parco dello zoo
adiacente alla scuola e poi pranzo all’aperto nel cortile della stessa, con cibo
portato da tutte le famiglie. Quest’ultimo aspetto è carino, perché significa
riempirsi il piatto (sempre che si riesca ad arrivare in tempo per trovare sui
tavoli ancora qualcosa) di cibi provenienti da tutto il mondo, con un’ovvia
predominanza di Asia, naturalmente, ma con ampie variazioni sul tema: dall’Italia
all’India, dal Giappone alla Francia, dalla Germania alla Corea, dagli Stati
Uniti all’Irlanda. Un bel meltin’pot
non c’è che dire.
Le attività pre-prandiali invece non sono nulla di ché, a
dirla tutta. Hanno di carino il fatto che vengano gestite ed organizzate dagli
insegnanti, che con molta buona volontà si danno da fare un po’ in tutti i
campi e sono molto versatili. Tra queste, la preferita da Alice era il face
painting, la pittura del viso, che aspettava di poter fare dalla prima mattina.
Una volta arrivati si è messa diligentemente in coda aspettando il suo turno.
Si dà il caso però che io non abbia una bambina normale che, come tutte le altre, chiede
di avere il viso dipinto con una farfalla, un cuore, una fatina o, alla brutta,
una strega o una piratessa, che chiede un finto tatuaggio sul braccio o un
bracciale o tutt'al più un orologio al polso.
No. Mia figlia, alla richiesta di cosa volesse dipinto sul viso, ha risposto testualmente: “ I want Barbie face”.
La maestra che
faceva il trucco è sbiancata.
E considerando che era una stazzatissima giovane
afroamericana non è cosa da poco: si è fermata di botto, ha guardato fisso
Alice, ci ha pensato un attimo e poi ha detto: “Facciamolo”.
“Ma facciamo che?”
mi sono chiesta io. Se avessero domandato a me di dipingere sulla faccia di una
cinquenne quella di una ventenne truccata e ammiccante io avrei avuto
quantomeno un problema di coscienza. Evidentemente non la stazzata maestra, che
ha impiegato una decina di minuti per fare di mia figlia un mostro. Una cosa
talmente inguardabile che non ce l’ho fatta a lasciarla il quello stato. Mi
sono munita di una salviettina umidificata e, millantando un inesistente
sbavatura nel trucco, ho cercato di ridurre l’effetto Moira Degli Elefanti,
alleggerendo il cerone rosa dell’incarnato, le sopracciglia fucsia, le labbra
marcate da donna di malaffare e la finta frangetta di capelli che le
incorniciava il viso.
E' la nemesi!
RispondiEliminaBarbariccia
Appunto...!
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