giovedì 12 settembre 2013

DA SCARFACE A LANTERNE ROSSE

Non sono mica morta.
Sono solo stata impossibilitata a scrivere per il succedersi di molteplici eventi. 
Talvolta belli, talvolta brutti.
Alcuni di voi ne sono già al corrente, ma già che ci siamo tanto vale mettere qualche puntino sulle “i” e raccontare un po’ meglio.

Se mi chiedono, tra una notizia brutta e una bella, cosa voglio sentire prima, io in genere preferisco sapere prima il negativo per poi consolarmi con le cose positive, quindi parto subito dalle cose meno piacevoli. Intanto un’allergia misteriosa che mi ha preso nella ultime settimane e che mi ha costretto, dopo un paio di notti insonni a finire in ospedale elemosinando un antistaminico. Un letargico dottore giappo-brasiliano mi ha suggerito di fare le prove allergiche, ma per ora aspetto, anche perché in queste cliniche private non sai mai se ti consigliano per il tuo benessere o per quello delle casse dell’ospedale.
In compenso, una settimana fa, la performante bimba Orson ha pensato bene di piombare a bomba con la faccia contro lo spigolo di un tavolino di vetro, aprendosi la guancia e guadagnandosi ben cinque punti di sutura, che ieri sono già stati tolti. Io, generalmente poco ansiosa, sono diventata una molla, ho paura che si faccia male dappertutto, anche perché continua a cadere con grande frequenza. Con i sandali come a piedi nudi, in piano o sulle scale, quando scende dalla sedia o sale sul divano.
Il più grande terrore veramente è che le resti tanto la cicatrice, che è proprio in mezzo alla faccia. E in questi frangenti grosso modo tutte le persone che incontro decidono di raccontarmi un’esperienza loro o di loro familiari relativa a cicatrici e cadute. Giuro, non c’è una persona che non mi abbia citato un esempio di totale, completa e radicale scomparsa di qualsivoglia segno sul viso, o tutt'al più di un segno minimo che, addirittura, fa acquistare carattere e personalità al viso (eh?).
Salvo la grassona francese che ho incontrato l’altro giorno sul tapis roulant e che ci ha tenuto a sottolineare che sua figlia aveva un bel taglio in piena faccia e che tutt'ora il segno è grande ed evidente.
Grazie cara. Sei proprio rincuorante. Preferivo le storie a lieto fine di tutti gli altri.
Detto ciò, a tutto si sopravvive, anche perché poteva andare molto peggio, compromettere l’occhio e così via.
A consolarci dalla situazione ci ha pensato la nostra ospite, mia carissima amica fin dal liceo, che si è buttata in questa avventura cinese per dieci giorni di turismo e shopping selvaggio.
Con lei ho rivisto la città, ho girato per luoghi conosciuti e mai visti, ho mangiato un sacco, ho riso un casino, ho pure pianto un po’, ho ripassato ventiquattro anni di ricordi insieme, ho provato cose nuove (la tartaruga, per esempio…) e consigliato delle vere proprie cinesate. E con lei mi sono accorta di quando mi sia assuefatta alla vita qui, di quante cose oramai mi sembrino normali, premesso naturalmente che la qualità della nostra vita è comunque più che ottima e non certo da risaia nelle campagne dello Yunnan e che quindi “abituarsi” alla Cina è comunque molto più facile qui che altrove.
E grazie a lei soprattutto (ed alla mia stra-disponibile metà) ho avuto l’occasione di un week-end lungo a Pechino, che i miei piedi non hanno molto gradito, ma il mio occhio invece si. E anche il mio mono-neurone, considerando che ero libera come l’aria e senza le iene, prontamente lasciate al suddetto marito-barra-agnello sacrificale.
Bella Pechino. Molto cinese. Molto più di Shanghai. Con un’atmosfera tutta diversa.
Dove non vivrei mai, perché l’aria fa schifo. Ma schifo tanto. Da avere il naso nero e paura per i figli.
Però se te la giri a piedi, se c’è il sole, se vai nel quartiere dei laghi, se ti avventuri negli hutong, i tradizionali viottoli ancora miracolosamente non demoliti, se ti fai abbagliare dalla Grande Muraglia e dal suo simbolismo, se ti impressioni vedendo la Città Proibita, che è quasi più una città infinita, insomma se la vivi un po’ a zonzo è proprio bella.


14 commenti:

  1. Forse perché qui non si sente l'aria ma Pechino mi affascina molto, la grande muraglia poi e' un sogno proibito. Mi piacerebbe molto venire nella stagione dei ciliegi!

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    1. Però la stagione dei ciliegi é più una caratteristica del Giappone che della Cina!

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    2. Grazie della dritta, chissà magari mi faccio tutti e due!!! :-)))))

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  2. Capisco l'emozione sulla grande muraglia. Sembra davvero non finire mai. Per quanto riguarda Orson:ti sei mai accorta della mia cicatrice sul labbro inferiore? E sì che mi conosci bene! Avevo 4 anni e ho incontrato lo spigolo di un bauletto dei giochi! Un bello sbrego!.....( contributo non richiesto,lo so!)Ciao, Cora

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    1. Grazie grazie. Alla fine questi contributi li apprezzo pure...

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  3. bentornata e felice che tu ti sia eclissata, per passare del tempo con la tua amica!
    per orson, non ti preoccupare: tutto passa e lei guarira' presto.
    dalle tanti baci sulla ferita e dille "guarisci presto". con i miei funziona sempre :o)
    un abbraccio,
    cris

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  4. Perchè le tue foto sono venute meglio delle mie?

    Mi manca tantissimo la Cina, Shangai, il Green Valley, le nostre faticosissime corsette mattuitine insieme e la tua compagnia.

    Oggi ho indossato le mie fiorite scarpette cinesi. A Milano sembrano ancora più belle!!!! Dovevo prenderne 10 paia:-)

    Un baciotto cara amica!
    Questa sera chiamo tua mamma.
    Maria

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  5. Ma che meraviglia il week end lungo a Pechino, con amica e SENZA pesti (invidia, invidia!)! Mi spiace invece per la bimba (ok, io evito i miei aneddoti di cadute/tagli/cicatrici!)

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  6. anche qua sono in pieno scazzo da cicatrice sulla fronte della piccola...le metto la fitustimulina crema quando dorme sperando che aiuti :-(

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