giovedì 21 marzo 2013

LEADERSHIP ANNOUNCEMENT

Negli ultimi tempi ho sviluppato  la tendenza a voler classificare: buono o cattivo, giusto o sbagliato, bello o brutto, open-minded o rigido. Sarà che vedo tante diversità intorno a me e sempre più spesso metto a confronto il mio background (italico, medio borghese, quarantenne, leggermente sovrappeso…insomma faccio un gran calderone) con quello degli altri. Quello che viene fuori è lapalissiano: non è possibile - né particolarmente “conveniente” - generalizzare, perché l’uomo non è una macchina perfetta ed ogni individuo è diverso.
Tuttavia, alcuni tratti comuni esistono, tra persone della stessa nazione, per esempio. E qui piano piano, proprio perché mi piace catalogare, sta lentamente emergendo.
E’ capitato di parlare di recente con questa amica, che ha il dente a dir poco avvelenato con gli americani. Non è la prima che – con mio grande stupore – ha espresso giudizi tranchant verso gli statunitensi. E parlo di stupore perché gli americani nell’immaginario collettivo sono…americani, quindi tendenzialmente fighi. Si vendono bene, non è che siano necessariamente migliori. Come anche i francesi, del resto. Che hanno storia cultura e cibo fantastico esattamente come noi, ma loro si che sanno promuoversi.
Mica come noi italiani, che siamo esterofili fino al midollo e prima di vantarci di qualche cosa che riguarda il nostro paese preferiamo enumerare le grandezze altrui. Escluso il cibo, forse.
Però alla fine trovo un po' triste che la nostra unica forza o vanto fuori dallo stivale riguardi solo ed unicamente la tavola. E che palle, io dico.
Ma torniamo agli americani, perché è di loro che vorrei parlare, della loro fantastica ed unica capacità di rendere la merda oro, se mi passate la sottile metafora. Puoi essere il peggio figuro ma se incarni il sogno americano per loro diventi un eroe, un idolo, un grande. Con questo non voglio certo dire che non esistano Grandi Americani, tutt’altro. Però c’è anche tanta fuffa.
A tal proposito ho trovato estremamente interessante la mail che mi è arrivata dalla scuola delle bambine: in due parole, la Principal lascia la sua carica, dopo sette fruttuosi anni e – parole sue – con le lacrime agli occhi. Con l’occasione, ha introdotto il nuovo preside, allegando una breve biografia della sua vita prima di arrivare a Shanghai.
In Italia, in una simile occasione, il successore alla carica avrebbe cercato di presentarsi con una certa forma, probabilmente pompando un po’ alcuni aspetti legati alla formazione, ai trascorsi professionali e alle capacità. Come a dire: guardate quante ne so, come mi presento bene e quanto ho studiato. Chiamatemi pure Megadirettore.
Gli americani invece no. Il nostro futuro Principal si presenta in tutt’altro modo e gradirei deliziarvi con alcuni passaggi della sua “presentazione”:
Brian è cresciuto in una zona rurale degli Stati Uniti, dove ha praticato vari sport, fatto diversi lavori (come vendere hamburgers e ricambi per automobili) e si è dilettato nelle escursioni e nel motociclismo. Il successo nello sport gli ha fatto guadagnare una borsa di studio e in questo modo è stato il primo della sua famiglia ad andare all’università
Fin qui tutto bene. Bravo sei bravo, però l’intenzione “occhio lucido” già c’é.
Poi arriva il bello:
Dopo essersi laureato in Economia, ha esplorato varie opportunità: attraversare gli Stati uniti in bici, fare l’imbianchino in New England, studiare Buddismo o darsi all’alto escursionismo in Gran Bretagna sono state solo alcune delle sue bravate.”
Eh?
E’ quindi ritornato all’università per perseguire una delle sue passioni: insegnare e lavorare con i bambini.”
Fiuuuu..

Ci mancava il Preside fricchettone.
Però dopo aver letto questo mi è venuto da pensare a com’era il direttore della scuola elementare che frequentavo da piccola: nei miei ricordi un ometto mezzo calvo, con gli occhialini, piccoletto, modesto nell’aspetto e  -ai miei occhi – privo di qualsiasi empatia con i bambini. E certamente non me lo sarei mai immaginato in salopette a dare di vernice sui muri, a cavallo di un centauro a due ruote con casco e occhialoni o in meditazione zen.
Anche se lo avesse scritto sul suo curriculum.
A questo punto sono curiosa di vedere che faccia ha il nostro nuovo eroe da sogno americano. Sarà più un tipo alla Warren Beatty o alla Woody Allen? A metà maggio ci sarà il grande incontro.
Stay tuned.

8 commenti:

  1. il mio direttore era tremendo, ignorante e con zero propensione per i bambini. Io voto per Warren beatty!

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    1. Se é figo gli faccio pure la foto a tradimento.
      :-)

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  2. sìì, dai! che godiamo tutte! e se no,pazienza!Cora .

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  3. Ho letto di recente un brillante saggio del prof. Carlo M. Cipolla, uno storico da pochi anni deceduto, sulla stupidità umana.Lo stupido, spiega, è colui che con le sue azioni danneggia sia gli altri che se stesso (pensa quanti ce ne sono!)mentre chi danneggia gli altri e avvantaggia se stesso è un delinquente, chi danneggia se stesso e avvantaggia gli altri è un ingenuo, e infine chi avvantaggia se stesso e gli altri è intelligente. Cipolla aggiunge poi, superando qualsiasi tipo di discriminazione, che una percentuale relativamente fissa di stupidi è fisiologica e inevitabile in ogni gruppo umano, senza distinzioni di alcun genere. Addirittura, sostiene, anche nel gruppo dei premi Nobel non può mancare la percentuale fissa di stupidi.
    L'aspetto positivo della cosa è che, ipotizzando che le tue figlie non facciano parte della categoria, l'incontro - inevitabile - con vari stupidi non dovrebbe cambiare molto la loro vita.
    (Carlo M. Cipolla. Allegro ma non troppo. Le leggi fondamentali della stupidità umana. Il Mulino)
    Ciao a tutti, Barbariccia

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    1. Carina.
      Confido nella bontà della tua ipotesi circa le mie figlie.

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