mercoledì 29 febbraio 2012

PELO E CONTROPELO

Allora, raccontarla non è facile.
Succede che conosco una giovane madre di famiglia come me (qualcosa da dire sul giovane?...) che di seguito chiameremo Amica. Un po’ per semplicità ed un po’ come augurio: qui nuovi amici fanno sempre piacere...
Succede che Amica mi contatta su skype e mi propone un pranzo insieme. Si decide per il giorno, l’ora e il tipo di ristorante: teppanyaki. Questo tipo di cucina giapponese prevede una cottura alla piastra di tutte le pietanze. La piastra è posta al centro di un grande tavolone, mentre tutt’intorno siedono i commensali: una volta che un piatto è pronto il cuoco lo fa scivolare direttamente nel piatto del cliente. La cucina in genere è gustosa e tutta l’operazione divertente da vedere. 
Arriviamo e ci accomodiamo. La sala è grande e tutta per noi. Di conseguenza abbiamo una pletora di camerieri alle nostre spalle che neanche i bodyguard di Barak Obama.
Quello che ti aiuta con la sedia.
Quello che ti spacchetta le bacchette.
Quello che serve il thé.
Quello che toglie il bicchiere che non utilizzi.
Infine, quello che prende l’ordine.
Ordiniamo un po’ alla cieca perchè il menu è pieno di foto ma la cosa non ci aiuta; inoltre nessuna delle due ha grande esperienza in fatto di teppanyaki. Io ci ho mangiato solo un’altra volta e mi sembra di avervelo anche già raccontato. Anche Amica ha solo un’altra esperienza all’attivo. Per giunta nello stesso posto.
Arriva prima una specie di antipasto tipo rotolini giapponesi ed Amica ne prova uno, rendendosi presto conto che non è quello che aveva ordinato. I suoi dovevano essere di soli vegetali, mentre questi sono con le uova di pesce crude. Che è la classica cosa che di cui o sei ghiotto o ti fa schifo.
Mi sembra di intuire che a lei fa abbastanza schifo...
Intanto arriva la cuoca e comincia a smanettare con la piastra. Prepara una specie di involtino di carne ripieno di funghi tipo chiodini lunghi. Ne assaggio un primo. Buonino. Un po’ difficile da mangiare, complice anche la presenza di Orson Welles sulle mie gambe, che vuole a tutti i costi addentare i chiodini.

Breaking new: ho ribattezzato la mia prole in seconda Orson Welles perchè mangia sempre e senza ritegno. Per assonanza tra well=pozzo (senza fondo) e  per la stazza del celebre personaggio. Sono sempre più mamma snaturata, lo so.

Mi metto nel piatto il secondo involtino e lì lo vedo.
Il capello che spunta dalla carne.
Con pollice ed indice lo prendo e lo sposto a lato del piatto, senza commenti. Amica lo vede e mi chiede sgomenta se il capello arrivasse dal mio piatto di carne. Io ingoio a vuoto e annuisco. Lei non ci vede più: chiama una delle venticinque cameriere alle nostre spalle e le mostra l’orrido pelo, chiedendo spiegazioni incazzata come una biscia. Le cameriere cominciano a passarsi una dopo l’altra il crine, farfugliando cose ovviamente incomprensibili in cinese.
Da questo momento in poi del pelo perdiamo le tracce.
Lei è sempre più alterata, si alza e decidiamo di andarcene. O meglio, lei decide e io eseguo.
Chiariamo un punto: lei ha fatto quello che io non avrei MAI fatto ma che SEMPRE avrei desiderato fare. Purtroppo non siamo tutti uguali: io non avrei mai avuto il coraggio di alzarmi, lasciare di stucco la tipa che stava cucinando sotto il nostro naso, i venticinque camerieri, prendere ed andare. Avrei probabilmente mostrato il pelo, chiesto una nuova porzione e accettato le loro scuse.
Però l’avrei fatto per vergogna, non perchè é giusto.
Amica invece non si fa problemi: arriva il manager di sala e qui la cosa inizia a trascendere, perchè prima il tizio comincia a farci domande insensate (la migliore: “Quanto era lungo il pelo?”. La più inverosimile: “Non era un pelo, era un fiore...”), poi chiede di aspettare 10 minuti l’arrivo del padrone; infine, quando noi cerchiamo di uscire dal ristorante, mentre Amica gli urla addosso le peggio cose, fa barriera ed insieme ad altri ci prende per la giacca, mentre un cameriere blocca il passeggino di Orson.
Qui comincio ad incazzarmi anche io. Strattono e riusciamo ad uscire.
La rissa si sposta prima all’esterno del ristorante, poi nel vicino negozio di seta dove Amica è solita andare e la cui commessa parla meglio l’inglese, in modo da fare da interprete. La lite si protrae e si infoltisce di personaggi: noi due (se si esclude Orson), le due commesse del negozio, undici tra camerieri e manager del ristorante (Ettecredo! Non c’era un cliente dentro, quindi tutti fuori a dare man forte!), più vari capannelli di curiosi, attirati dalle grida di Amica.
La quale minaccia di chiamare la Polizia. Ma viene dissuasa dalla commessa, che le comunica che in Cina senza il pelo incriminato la Polizia non esce. (eh?)
Io ho provato emozioni alterne: inizialmente un’irrefrenabile ridarola, poi imbarazzo per quest’uomo che sembrava quasi disperato all’idea che ce ne andassimo senza pagare, poi onestamente un po’ di strizza quando ci hanno sbarrato la strada.
Alla fine però mi sono rotta le palle.
Per riuscire ad andarcene siamo state costrette a pagargli tutto il pranzo perchè, diciamo la verità, a loro delle cattive recensioni su TripAdvisor, dello sputtanamento che effettueremo minuziosamente e soprattutto del nostro capello nella carne non fregava veramente nulla. Importava solo di recuperare il denaro.
La morale però è che in Cina si deve andare al ristorante con la macchina fotografica e con il metro. Oppure ci si rassegna a mangiare peloso.

4 commenti:

  1. Ne approfitto anche per scusarmi: nel fare una sorta di backup alle impostazioni del blog ho cancellato i vostri commenti degli ultimi post....
    Chiedo venia..Giuro che non lo faccio più!!!

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  2. Rassegnati che fai prima... e poi prepara una lista dei ristoranti che (almeno all'apparenza) sono igenicamente corretti!
    Per loro il capello nel cibo è niente.
    In India ti capita di andare dal medico e di vedere una pantegana che esce dalla stanza dove tiene le medicine (sciolte, che sono di erbe) e lui ti dice serafico: porta fortuna è il topo di Ganesh!
    Benvenuta nel meraviglioso mondo degli expats!

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    1. Mi fa piacere leggere un tuo commento: ho visto il tuo blog ed è molto interessante. Fa sembrare le mie esperienze al pari delle sagre di paese!

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  3. Ma no, siamo tutte sulla stessa barca! E dopo un po'ti abitui alle stranezze e quando torni in Italia ti sembra bellissima, piena di amici e parenti, con un cibo da svenimento (quando ci torno io prendo invariabilmente 4 chili) ma, come dire... un pochino scialbetta... niente di stravagante...
    Grazie per i complimenti, a me piace il tuo, di blog!

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