venerdì 27 gennaio 2012

ETOLOGIA?

Sono alla mia scrivania accanto ad una tazza di caffè solubile (le cialde Nespresso le sto centellinando, ne ho “solo” 200 e mi devono bastare fino ad aprile). La radio è sintonizzata sui 101.7, canale ovviamente cinese. Ma almeno ha poca pubblicità. Si potrebbe obiettare che non capendo la lingua mi debba essere indifferente se stanno parlando gli speaker o se c’è qualche spot. Errore! Il tono cambia, e nel caso della pubblicità è alquanto molesto, né più e né meno che in Italia. Altrimenti, se senti parlare qualcuno alla radio, l’effetto è drammaticamente soporifero: pur avendo una lingua con 4 toni (cosa vorrà dire non so ancora), la sensazione che si avverte è che parlino in modo monocorde in cui non è chiaro quando una frase inizia e quando finisce. Quando ridono, di solito è finita.
E poi è un buon esercizio: sono riuscita a cogliere una parola o due nel fiume delle loro conversazioni tra un (pregevole) pezzo musicale e l’altro. Ho capito qualche numero e qualche giorno della settimana sparato a caso. Quando apprendo una parola la ripeto ad oltranza nel tentativo di pronunciarla come loro, grosso modo come se avessi una patata tra i denti. E con tanti oooh e aaaah e mmmm, espressioni vocali imprescindibili.
In questi giorni mi sto chiedendo se il mio approccio ai cinesi non sia poco aperto e troppo critico: devo dire che dopo un esame di coscienza mi sono risposta che, considerando le differenze culturali tra noi e loro, il mio non è un approccio biecamente critico, bensì homo-etologico, per capire meglio i loro comportamenti e – perché no – tentare se possibile di adeguarmi ad essi.
Adeguarsi vuole dire anche che quando decidi di andare allo zoo con tutta la famiglia e trovi il solito miliardo di locali che si accalcano per vedere le teche dei serpenti (ragazzi, certi pitoni…..) e tua figlia è schiaffata a destra e a manca da bambini bombolò che pogano per farsi strada, arriva il momento in cui anche tu mamma responsabile, che hai educato la prole al rispetto per il prossimo, ad attendere il proprio turno, a chiedere permesso e scusi, reagisci e dici a tua figlia: “Daje dentro”. Ammetto, è stato bello vedere Alice reagire al soppruso con colpi di testa ben assestati. Meglio di Alberto Tomba in Alex l’Ariete (che non ho visto, come tutti del resto, ma vado di fantasia) , una specie di toro da corrida.
E loro la guardavano straniti, secondo me soprattutto perché io ridevo come una matta.
Lo so, molto poco educativo. La mia coscienza si è liberata dopo averle fatto promettere che non lo farà più, soprattutto in Italia.
Allo zoo ho finalmente visto quella tipologia di bambini (non in gabbia, in giro) che mi avevano descritto i miei colleghi di studio in visita a Pechino: il bimbo di campagna. Ora, il bimbo di campagna proviene palesemente da zone non propriamente patinate del paese, è in genere imbottito di vestiti fino all’inverosimile, chiaramente solo in inverno, spesso piuttosto sporchino e –cosa più importante – viaggia con il culetto di fuori, ovvero ha i pantaloni con lo spacco sul didietro, per consentire le deiezioni in tempi rapidi (che efficienza anche qui).
A parte ogni altro commento ho trovato la cosa molto triste, mi si è stretto un po’ il cuore a vedere quei bimbi che però, ad onor del vero, avevano l’aria tutt'altro che depressa, con il loro bel deretano di fuori.
Che sia da provare? Tutti giù le mutande! e vai con l'allegria! Potrebbe essere un'idea....
Ma non voglio intristirvi oltre con storie di bimbi disgraziati, dunque concluderò il mio sconclusionato post con due perle visitate allo zoo in questa bella giornata di sole:
ER MIAO (famoso gatto de Roma)
E DA BAO, alrimenti detto "il gran bastardo".

2 commenti:

  1. Ni Hao...
    Un abbraccio a tutti e buon compleanno a Maia!!!
    Ah, come già saprai credo, "Missione Rudy" compiuta alla grande!!!

    Hold on
    Lele

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  2. Ciao Gio,

    anche io ho notato che le code sono un problema, non hanno proprio il concetto di "fare la coda". Se vedono un buco e ci stanno, ci si infilano. Lo stesso vale per il traffico (soprattutto a Pechino)chi prima arriva ad occupare l'incrocio, indipendentemente se ha la precedenza o no, passa per primo. Noi milanesi non concepiamo questo concetto, ma se vai a Palermo è una regola non scritta di circolazione (non ce l'ho con i palermitani, ma 6 mesi fa stavo facendo un incidente alla prima rotonda fuori dall'aeroporto perchè mi aspettavo la precedenza e non avendola avuta mi ero inca...to a morte. Poi ho resettato il cervello e mi sono adeguato allo stile di traffico, per forza). Ho poi notato che c'è un grosso vantaggio nella gestione del traffico in questo modo, ma anche delle code: se qualcuno ti passa davanti o ti taglia la strada non si arrabbiano, lo considerano normale. Se lasci spazio tra te e quello davanti è inevitabile che qualcuno ti passi davanti, vuole dire che tu non hai fretta, mentre quello che ti è passato davanti si. Non so se mi sono riuscito a spiegare. chi ti passa davanti non è un "furbo" alla milanese, è uno che ha solo più fretta di te. A volte guidando per Milano ti rendi conto che il tuo stile di guida è una questione di principio.
    Adesso mollo il colpo altrimenti non è più un commento, ma un articolo
    Ciao Gio, dai un bacio ad Andrea e alle piccole.
    Enrico (cuginetto)

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