giovedì 24 aprile 2014

I HAD A DREAM

Ho fatto un sogno strano.
Ho sognato che i miei genitori venivano a trovarci a Shanghai. Ora, se c’è una cosa molto improbabile, è che i miei vengano qui: non solo per problemi oggettivi, ma anche per l’idea stessa che dove viviamo sia troppo lontano, troppo inaccessibile per loro, anche in considerazione dell’età.

Ho sognato che arrivavano bel belli e freschi come rose, nonostante più di 12 ore di volo, il fuso orario, il cambio di aereo e tutte le difficoltà del caso. Vedevo nei loro occhi la stanchezza ma anche l’entusiasmo dell’arrivo e il senso di soddisfazione per averlo fatto. IL GRANDE PASSO!
Nel sogno io un po’ andavo a lavorare e un po’ restavo con loro e li portavo in giro per questa città così enorme e proprio dalla sua enormità loro erano colpiti, nel bene e nel male, perché il fascino di Shanghai è anche il suo limite e il suo lato negativo. Come ogni metropoli è caotica, trafficata e purtroppo sempre più inquinata. 
Nel sogno prendevamo decine e decine di taxi perché qui costano poco, e ogni volta facevamo commenti divertenti sul tassista: quello sporco, quello gentile, quello catarroso, quello imbranato, il pilota di F1 e il polentone. In effetti, qui la varietà non manca!
Ho anche sognato che li imbottivo di visite ai templi buddisti e che loro rimanevano al tempo stesso affascinati dal misticismo di alcuni e dalla falsità commerciale di altri. In ogni caso, qualcosa di molto diverso da noi. 
Ho sognato che provavamo tanti cibi, cinesi, ovviamente, ma anche giapponesi e altro ancora. Anche in questo la città non manca di offerta. Nel sogno era primavera, quindi molti luoghi erano pieni di fiori, rigogliosi e bellissimi, e loro si stupivano, come ho sempre fatto anche io, dell’impegno che i cinesi mettono nel curare gli spazi verdi e fioriti, sempre precisi e puliti. Facevano anche delle cose da soli, come la crocierina sul fiume o la vista ai musei, ed io andavo a lavorare con un filo di preoccupazione che non riuscissero a orientarsi, o a raggiungere certi luoghi. Invece, e qui è il surreale del sogno, se la cavavano alla grande, anche con la lingua (l’inglese, intendo, non esageriamo!).
Lo strano, quando si hanno ospiti che arrivano dall'Italia, è che fa l’effetto di due mondi paralleli che si incontrano (forse ne ho già parlato) e che non riesci facilmente ad associare: il papà che cerca Alice per tutto il compound mentre fuori fa buio e lei, come al solito, è in ritardo, o la mamma che assaggia i tanto decantati ravioli cinesi, quelli buoni.
Due mondi paralleli, appunto.
Ma tanto era un sogno. E come tutti i sogni è pure finito.

Vabbé, glielo racconterò: chissà che risate che si faranno.

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